domenica 4 agosto 2013

matematica da conversazione

Gentilissimi,
la Vostra nonna preferita ha trovato alcuni spunti per una conversazione matematica. Si tratta di un articolo tratto e modificato dalla newsletter Scienzainrete.
A me è sembrato divertente e pertinente. Cosa ne pensate?
Buona lettura. NR

ARTICOLO SCIENZAINRETE: DIVULGAZIONE SCIENTIFICA
La matematica, questa misconosciuta Roberto Natalini Mat. Ist. per le Appl. del Calc. "M. Picone"
La matematica è un soggetto di conversazione pericoloso. La maggior parte delle persone non vuole assolutamente sentirne parlare, alcuni la trovano noiosa, altri ne hanno paura, i più dicono semplicemente di non capirla. Non che la fisica o la biologia o la chimica abbiano poi tutti questi estimatori, in fondo sono pochi a interessarsi di scienza in Italia, ma, insomma, per queste discipline il compito risulta alquanto agevolato dal fatto di poter almeno parlare di oggetti comprensibili alla maggior parte delle persone, anche se non mi torna che tutta questa gente, senza alcuna preparazione scientifica, creda di aver capito cosa sia il bosone di Higgs o la DNA polimerasi, invece, chi abbia voglia di parlare di matematica a un pubblico di non specialisti, si trova davanti a poche alternative possibili:
·        a) raccontare aneddoti, spesso solo soggettivamente significativi, sulla vita, possibilmente infelice, di un qualche matematico geniale: Eulero perse un occhio. Perelman si nutre esclusivamente di cavolo bollito. Erdos prendeva molti caffè (e non solo). Turing mangiava le mele
·        b) proporre giochi matematici/problemini rompicapo, che però selezionano pesantemente l'auditorio, io sarei fuori, ad esempio: in questo rientrano anche i problemi facili-da-dire-e-difficili-da-risolvere, come la congettura di Goldbach o il problema del 3n+1 - ovvero: come generare persone ossessionate e infelici
·        c) rimanere molto generici, facendo un uso spericolato di metafore più o meno comprensibili (lo spettro di un operatore, come le armoniche di un tamburo, le classi resto modulo p come la matematica dell'orologio) e mostrando, ogni tanto, qualche bella immagine che si rivela, spesso, essere, alternativamente, poco comprensibile o poco pertinente;
·        d) far conoscere la ricaduta di alcune idee matematiche nella vita reale (lo sai che nel tuo telefonino c'è tanta matematica? e nel tuo bancomat? e in google? e nei videogiochi? e nel panino con la mortadella?), ma con il rischio di non parlare di matematica, in quanto il modo con cui viene applicata è spesso troppo tecnico per essere spiegato in modo semplice.
Esagerando un po', possiamo dire che quasi tutta la divulgazione di qualità si barcamena miscelando, in proporzioni diverse, questi pochi espedienti. Altrimenti ci si limita a trovate a effetto, ma ingannevoli (la formula per il matrimonio perfetto, come vincere al superenalotto), oppure ad additare questo o quel preteso genio, a volte drammaticamente incompreso (una variante enfatica del punto a); spesso qualcuno che, in realtà, sa fare solo enormi moltiplicazioni, o ancora, nei casi migliori, a proporre lunghe spiegazioni corrette di argomenti di varia natura, che però risultano, troppo spesso, incomprensibili e variamente indigeste al lettore (un saggio di 50 pagine sul pi greco e/o la sezione aurea senza figure). Per trovare il giusto equilibrio e riuscire ad interessare un pubblico possibilmente ampio, la prima questione da porsi è, naturalmente, sempre e soltanto: “Con chi sto parlando?” E la seconda: “Cosa vorrei riuscire a dire?”. Ossia: qual è il messaggio minimale, quel qualcosa che anche il meno preparato nel pubblico potrà dire di aver capito tornando a casa? Cosa ha detto quel signore senza capelli durante la conferenza di matematica? Mah, non so, c'erano dei numeri. Allora mi sa che me li gioco al lotto. Forse, prima ancora, bisognerebbe però porsi una domanda ancora più fondamentale: “Perché dedicare una parte non trascurabile del nostro tempo cercando di interessare persone piuttosto restie agli sviluppi di questa nostra tanto misconosciuta disciplina (dicasi matematica)?”. Nel mio caso la risposta è abbastanza semplice. Per anni ho snobbato apertamente coloro che “perdevano” il proprio tempo a occuparsi di divulgazione. Facevo cose un po' specialistiche, equazioni iperboliche non lineari, e pensavo che nessuno, a parte gli specialisti appunto, dovesse ficcare il naso in quello che facevo: che s'impiccia quel tizio che fa equazioni paraboliche lineari? Poi una serie di riforme ha, di fatto, impedito ogni autogoverno della matematica all'interno del CNR: aboliti i comitati, la matematica è stata dispersa in Dipartimenti che corrispondevano a “progetti”, rendendo ardua ogni una pianificazione equilibrata delle (poche) risorse. Ho potuto verificare con mano che di questo non importava niente a nessuno. Perché per il cittadino medio, ma anche per il giornalista scientifico (sic!) o peggio ancora per il politico medio, la matematica è solo un ricordo doloroso e alimentato da profondi sensi di colpa, qualcosa che non sembra svolgere nessun ruolo utile all'interno della società e di cui dimenticarsi senza alcun rimorso. Insomma ho capito, tardivamente, che la matematica gode di una pessima reputazione e che è vitale, per ognuno di noi, impegnarsi per cercare di cambiare, almeno un poco, questa situazione e cercare di rimuovere i vari pregiudizi che presentano il matematico ora come una persona arida e priva di fantasia, ora come un pazzo inaffidabile, spesso come entrambe le cose. Anche perché questi stereotipi, da molto tempo, non corrispondono in nulla alla vita quotidiana di un matematico, che è sempre più orientata ad interazioni e commistioni di vario genere. E che non costituiscono il miglior biglietto da visita possibile, sia che si presenti un progetto di ricerca applicata, o si chiedano fondi per la ricerca di base, o, semplicemente, si voglia stimolare l'interesse dei giovani (che non devono, per forza, diventare tutti matematici, ma magari solo persone che non la odiano). Insomma, per me la divulgazione è, al tempo stesso, una forma di autodifesa e di giustificazione rispetto alla società. E allora che fare? Mentre credo sia difficile trovare approcci molto diversi da quelli descritti sopra, penso, per l'esperienza di questi anni, che tutte queste cose si possano e si debbano fare meglio. Usando meglio la nostra capacità di raccontare, presentare, stupire, e soprattutto divertire. Accettando di dire una cosa di meno, ma di dirla meglio. Preparandoci bene. Imparando, con la pratica, a far vedere cosa si fa realmente nella nostra professione, ma lasciando sempre la possibilità a tutti di agganciarsi da qualche parte nelle cose che raccontiamo, usando cose che conoscono (o credono di conoscere), come la poesia, i romanzi, i fumetti. Usando video, musica, disegni (e magari vestiti di foggia inusuale) e sempre un pizzico di allegria. Perché le persone, interagendo con noi, non si annoino e abbiano, alla fine, un po' di curiosità in più verso la matematica. Che non basta per capirla, però aiuta...
(5 maggio 2013)


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