martedì 30 luglio 2013

lezioni individuali di Matematica?

Gentilissimi,
ecco un articolo che mostra come le lezioni individuali, per quanto riguarda l'apprendimento della Matematica, non siano efficaci per tutti gli studenti. Dalla lettura potrete comprendere il ruolo della memoria nello studio della Vostra materia preferita (preferita?). L'articolo è tratto, e modificato parzialmente, dalla newsletter Le Scienze. Buona lettura. La Nonna
(A proposito: qualcuno conosce il termine "eutorinale"?)

neuroscienze matematica bambini apprendimento
Il bernoccolo della matematica? Per i bambini è nell'ippocampo 
Uno studio ha dimostrato che i bambini con un maggior volume dell'ippocampo, la regione cerebrale che sovraintende ai processi di memoria, hanno maggiori probabilità di migliorare le capacità matematiche dopo otto settimane di lezioni individuali. Il risultato mette in discussione altri metodi di valutazione del talento dei bambini per l'aritmetica, come il quoziente d'intelligenza o i test di capacità di calcolo e di lettura, ponendo le basi per nuovi programmi didattici dedicati ai più piccoli (red) 
La misura del volume e delle connessioni funzionali dell'ippocampo consente di prevedere i miglioramenti delle capacità matematiche nei bambini in età scolare: è quanto ha concluso uno studio, pubblicato sulla rivista “Proceedings of the National Academy of Sciences”, a firma di Kaustubh Supekara, del dipartimento di Psichiatria e Scienze comportamentali della Stanford University. I risultati contribuiscono a spiegare perché alcuni bambini sembrano beneficiare più di altri di lezioni intensive e individualizzate, offrendo un utile strumento per pianificare le attività e didattiche nel campo della matematica. Per la riuscita in molti campi professionali sono indispensabili solide competenze matematiche, competenze che si costruiscono in un lungo percorso di studi che comincia con una buona dimestichezza con l'aritmetica a scuola. Il problema di come favorire l'apprendimento delle conoscenze matematiche di base è particolarmente sentito negli Stati Uniti, dove, negli ultimi due decenni, sono stati avviati alcuni programmi sperimentali sia nelle classi sia in lezioni individuali. Lezioni individuali di matematica: i programmi didattici che hanno usato questo approccio hanno dato risultati contrastanti. Queste ultime, in particolare, hanno avuto esiti contrastanti: alcuni bambini beneficiavano del programma intensivo, dimostrando di apprendere molto velocemente, mentre il miglioramento di altri era proporzionato allo sforzo. Inoltre, non è emerso alcun metodo affidabile per prevedere chi era in grado di ottenere i migliori risultati. Supekara e colleghi hanno riconsiderato il problema, coinvolgendo 24 bambini, di età tra gli otto e i nove anni e con diverse abilità matematiche, in una nuova sperimentazione di otto settimane. Prima di iniziare il programma, i bambini sono stati sottoposti a scansioni in risonanza magnetica funzionale, alla misurazione del quoziente d'intelligenza (QI) e a test per la valutazione delle abilità di calcolo e di lettura, in modo da individuare quale tra questi parametri potesse rappresentare un fattore predittivo per l'efficacia didattica delle lezioni. E' così emerso che gli esiti del programma di apprendimento possono essere previsti misurando la materia grigia dell'ippocampo, in cui hanno sede i processi di memoria: i bambini in cui il volume di questa regione era maggiore prima dell'addestramento erano quelli che ottenevano i migliori risultati nei test matematici al termine delle otto settimane. Il dato è in buon accordo con studi recenti che hanno evidenziato come, nelle fasi critiche dello sviluppo delle capacità matematiche, i bambini si basino sui processi di memoria che fanno capo all'ippocampo. Per contro, nei soggetti affetti da discalculia, un disturbo che riguarda specificamente l'apprendimento del sistema dei numeri, sono stati riscontrati deficit strutturali proprio nell'ippocampo, oltre che nell'adiacente corteccia entorinale. Il secondo fattore predittivo dell'apprendimento, riscontrato con la risonanza magnetica, è stato il numero di connessioni funzionali della regione ippocampale con la corteccia prefrontale, in particolare con le porzioni dorsolaterale e ventrolaterale, e con i gangli della base, due nuclei situati alla base dell'encefalo in entrambi gli emisferi. Complessivamente, sostengono gli autori, il coinvolgimento delle diverse aree cerebrali documenta l'attivazione di diversi processi di memoria, nell'acquisizione delle competenze matematiche di base: l'ippocampo è sede dei processi di memoria dichiarativa, riguardante i concetti appresi; la corteccia
prefrontale è responsabile di un "controllo cognitivo", in grado di facilitare la codifica e il recupero dei ricordi a lungo termine; infine i gangli della base sovraintendono ai processi di memoria procedurale, che riguardano l'apprendimento delle regole. In conclusione, lo studio dimostra che le valutazioni dirette della struttura e della funzionalità di specifiche aree cerebrali sono molto più affidabili dei test del QI e di altri parametri riguardanti la capacità di lettura e di calcolo: un dato di cui tener conto nella pianificazione dei programmi di insegnamento per lo sviluppo delle capacità matematiche.
(30 aprile 2013)

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